L´ACQUA BENE COMUNE: RIFLESIONI NEL DECIMO ANNIVERSARIO

04/06/2021 - Danilo Malaguti

Egregio direttore, l’acqua è vita. Lo sappiamo tutti: l’acqua è un elemento fondamentale per la vita di ogni essere vivente. Per tutti noi, per gli animali, per le piante questo prezioso liquido è indispensabile, ci serve acqua dolce, acqua pulita. Quante cose poi facciamo con l’acqua: ci laviamo, ci curiamo, puliamo, nuotiamo, giochiamo, contempliamo... Dieci anni fa, esattamente il 12 e 13 giugno 2011, lo sapevamo perfettamente, tant’è vero che il referendum che si è tenuto in quei giorni ha sancito la vittoria netta di chi sosteneva: “L’acqua è un bene comune. Via i profitti dall’acqua. Occorre mantenere il controllo pubblico della sua gestione” .Erano giorni di festa, si stava bene insieme, si era raggiunto un grande risultato. Oggi forse sono in pochi a porsi domande sulla situazione attuale. Chi facesse qualche veloce verifica si accorgerebbe presto che il referendum ha solo rallentato ma non bloccato i formidabili interessi economici e finanziari che ruotano attorno a questo tema. Ad esempio la gestione dell’acqua è sempre più in mano a società per azioni. Di per sé questo non parrebbe un problema, se non fosse che gli azionisti vogliono giustamente avere il loro profitto, per cui gli utili del servizio idrico finiscono nel loro portafoglio. Oltretutto per gli azionisti vale la regola aurea “più vendo più guadagno”, peccato che, riferita all’acqua, questa regola non può funzionare: di acqua pulita ce n’è poca, occorre risparmiarla! Oppure potrebbe capitare quello che è successo ai fiorentini: nonostante il fatto che negli annia bbiano ridotto il consumo di acqua, le tariffe sono contestualmente aumentate per far quadrare i conti dell’azienda, e ora a Firenze la bolletta idrica è molto elevata, circa il triplo di quanto pagano i milanesi. Queste cose capitano non solo in presenza di azionisti privati, ma anche nelle società interamente pubbliche, come la nostra CAP. Intendiamoci: CAPe la sua controllata Amiacque gestiscono benissimo gli acquedotti, il servizio è del tutto soddisfacente dal prelievo fino alla depurazione, l’acqua è sempre ottima (anche da bere, meglio di tante acque in bottiglia), i costi sono fra i più bassi d’Italia. Ma gli utili dove vanno? Anche qui agli azionisti, che in questo caso sono i Comuni della città metropolitana di Milano. Sempre meglio che non Un privato, ma non sarebbe ancor meglio che queste risorse fossero tutte reinvestite per migliorare il servizio? (Sappiamo ad esempio che in Italia quasi il 40% dell’acqua potabile viene perduta a causa di tubature rotte o fatiscenti.) A ben vedere occorre aggiungere che la privatizzazione del servizio idrico non comporta solo la perdita degli utili, ma ha anche, e sempre più spesso, ben più gravi conseguenze a livello planetario: mi riferisco ad esempio alle guerre per l’acqua, già diffuse in varie parti del globo; mi riferisco al “water grabbing”( che insieme al “land grabbing” permette alle ricche multinazionali di accaparrarsi acque e terre a danno dei Paesi poveri, a bassissimo prezzo); mi riferisco anche alla sconcertante notizia, occorsa poche settimane fa, che l’acqua è stata quotata in borsa negli Stati Uniti, esattamente come qualunque altra merce. Entrando nel mercato dei “futures”, questo bene fondamentale verrà così sottoposto alla speculazione finanziaria, fatto che potrà comportare l’emarginazione di piccole o grandi aziende o anche di intere popolazioni, negando loro, in pratica, la possibilità dell’accesso all’acqua. Insomma, la situazione non è certo rosea, anche se qui da noi le cose vanno abbastanza bene. Spesso i governi che si succedono in Italia mettono in conto di migliorare lo stato dell’ambiente in generale e dell’acqua in particolare, per affrontare, ad esempio, i gravi dissesti idrogeologici che in maniera sempre più preoccupante costellano il nostro Paese. Purtroppo quando poi si tratta di concretizzare, di legiferare in questo ambito, l’efficacia delle azioni messe in campo è spesso limitata, emergenziale e non si riesce ad incidere positivamente sulla situazione reale. Dopotutto questo è abbastanza comprensibile se si pensa che i partiti politici possono temere(con qualche ragione) di subire dei contraccolpi elettorali: non sentono di essere pienamente sostenuti da noi cittadini. Per cambiare realmente le cose occorre una forte pressione popolare che faccia convergere gli sforzi nella direzione di una maggiore protezione e rispetto della natura e di tutti i beni comuni, l’acqua intesta, ma anche il suolo, il clima, la biodiversità; tutte cose che sono fondamentali per la vita. Tanti giovani, come quelli dei “Fridays For Future”, ci stanno provando in tutto il mondo: ritengo che occorra continuare senza stancarsi, anzi aumentando l’impegno; questa mi pare l’unica strada per avere la speranza di raggiungere l’obiettivo. I giovani vogliono costruire il loro futuro ed è bene che si diano da fare con coraggio. E noi anziani abbiamo la grande opportunità di incoraggiarli, appoggiarli, sostenerli.