Carissimo direttore, mi permetto di suggerire a tutti i cittadini abbiatensi, e in particolare agli amministratori, agli uomini e alle donne della politica, a coloro che hanno fatto l'appello per il cambiamento, agli uomini e alle donne di Chiesa come ai laici, di prendere in considerazione l'intervento dell'arcivescovo monsignor Mario Delpini in occasione della festa di Sant'Ambrogio.
Il discorso dal titolo "Ma essa non cadde" può essere una grande possibilità per tutti gli abbiatensi.
Certo, monsignor Delpini si è rivolto alla città di Milano, ma molte delle "crepe" evidenziate le viviamo e soffriamo anche noi ad Abbiategrasso: come la questione drammatica dei giovani, il problema della cittadinanza e dell'accoglienza di chi ha origini straniere, la questione sanitaria, l'individualismo e l'indifferenza verso l'altro. Ciò che colpisce dell'intervento di monsignor Delpini è che ha indicato a chiare lettere le crepe, ma non si è fermato alla loro analisi, perché ha voluto vedere per quali ragioni questa casa così rovinata non cade. Ed è «perché ci sono persone che si fanno avanti per aggiustarla e renderla abitabile» che la casa non cade, questo è il giudizio dell'Arcivescovo che poi ha detto con decisione: «Il Signore Gesù ha pronunciato la parola sulla quale si può costruire la casa che non teme i venti tempestosi, neppure i venti di questo nostro tempo. Il Signore Gesù è lui stesso la pietra angolare: "Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa" (come si legge nella prima lettera ai Corinzi, ndr)».
Io credo che sia proprio opera di Dio quell’invincibile desiderio di bene, quel senso di responsabilità, quella disponibilità ad affrontare anche fatiche e sacrifici che convince molti a farsi avanti, a farsi avanti per camminare insieme, a farsi avanti per assumere responsabilità.
È perché ci sono persone che poggiano la loro vita sulla pietra angolare che la casa non cade, quindi ciò che bisogna fare è riconoscere queste persone e fare con loro tutto ciò che possiamo per aiutare Gesù a tenere in piedi la casa in cui viviamo e operiamo. Per questo la speranza per Milano come per Abbiategrasso è dovuta al fatto che ci sono persone che non si fermano a lamentarsi del male che c'è, ma si prendono la responsabilità di costruire il bene, di coinvolgersi con i giovani, di accogliere ogni persona, di vivere la solidarietà, di aiutare chiunque si trovi in condizione di bisogno.
Questa è la speranza per Abbiategrasso come per Milano, che ci siano persone che si mettano al lavoro tese a costruire: queste persone ci sono, bisogna imparare da monsignor Delpini a trovarle e come ha fatto lui a ringraziarle, perché c'è un futuro per la nostra città in quanto come ha detto l'arcivescovo «ci siete voi, uomini e donne di fede che sapete pregare per non cadere in tentazione; ci siete voi, uomini e donne di ogni credo e di ogni appartenenza, che sapete percorrere con tenacia e perseveranza le vie del bene; ci siete voi, uomini e donne abitati dalla gioia di essere vivi, di essere insieme, di essere in cammino verso il desiderabile futuro; ci siete voi, e io vi ringrazio».
Così è per Abbiategrasso, bisogna che ci impegniamo a riconoscere uomini e donne grazie ai quali la nostra città così ferita non cade; è grazie a loro che possiamo ricostruire. Però occorre il coraggio di un lavoro che ci faccia uscire dal lamento per ciò che non va, per affermare la volontà di una ricostruzione.
A me questo lavoro interessa spero di avere qualche compagno di viaggio!
L'INVITO DELL'ARCIVESCOVO, PER MILANO... E PER ABBIATEGRASSO
09/12/2025 - Gianni Mereghetti



