Egregio direttore,
non intendo esprimere un mio giudizio, indico soltanto l’eco che è sorta in me.
È di questi giorni la notizia della morte (voluta, programmata con precisa determinazione, secondo accurata prassi) delle due famose gemelle tedesche Alice ed Hellen Kessler. Attraverso la televisione, con l’ascolto di diverse opinioni, leggendo, inoltre, commenti pro o contro sui social, mi si pone il problema ineluttabile del valore della vita, del senso dell’esistenza umana.
Nell’orizzonte del pensiero del filosofo luterano danese di tre secoli fa, Kierkegaard (non si dà l’“esistenza”, concetto astratto, ma l’io persona-esistente, ossia: io, tu, noi, davanti alle scelte di cui siamo sempre "responsabili"... di fronte a noi stessi ed agli altri), l’altro giorno risuonavano nella mia mente le parole del filosofo tedesco romantico Schlegel che disse: «Pensati come un essere finito educato all'infinito, allora tu penserai un uomo» (uomo, cioè "la persona"). Ad esse facevano seguito subito dopo quelle del filosofo austriaco di origini ebraiche, Martin Buber, che aveva approfondito il principio dialogico come base dell'esistenza umana (Io-tu, l’incontro autentico, reciproco e totalizzante con l’altro, la “persona”, appunto). Soprattutto ai nostri giorni si può avere “tutto”: successo, bellezza, fama eccetera... ma poi... poi si apre una certa strada, senza possibilità di ritorno. Punto fondamentale ritengo essere sempre vivere il silenzio dentro di noi, l’autentico silenzio che ci permette di ascoltare la voce di un “Altro”.
Quel silenzio, cioè, come si esprime la Bibbia, «un mormorio leggero» ( sibilus aurae tenuis) che sentì il profeta Elia come si legge nel primo libro dei Re al capitolo19. Non le nostre voci, ma quella di Chi ci ha fatto questo dono sempre stupendo, se lo facciamo fruttificare: la vita.
LA VITA COME DONO
20/11/2025 - Umberto Masperi



