Pregiatissimo direttore,
una lettura nell'anno giubilare ha colto la mia attenzione soprattutto per essere stata fortemente sottolineata da Papa Francesco come segno di buona volontà cristiana.
Nel prato di un giardino pubblico, con il tiepido sole della primavera, in mezzo all'erba tenera, erano spuntate le foglie dentellate e robuste dei denti di leone. Tra queste spuntò un magnifico fiore giallo, dorato come un tramonto di maggio. Dopo un po' di tempo il fiore divenne un "soffione" simile ad una sfera leggera e ricamata, dalle coroncine di piumette attaccate ai semini stretti al centro del soffione. Quanti sogni facevano i piccoli semi cullati dalla brezza della sera, mentre i primi timidi grilli intonavano la loro serenata! I semini si domandavano: «Dove andremo a germogliare? Solo il vento lo sa!».
Un mattino il soffione fu afferrato dalle dita invisibili e forti del vento. I semi partirono attaccati al loro piccolo paracadute e volarono via. «Addio... Addio», si salutavano i piccoli semi.
Mentre la maggioranza atterrava nella buona terra degli orti e dei prati, uno, il più piccolo di tutti, fece un volo molto breve e finì nella screpolatura del cemento di un marciapiede. Lì c'era un pizzico di polvere depositata dal vento, così meschino in confronto alla buona terra grassa del prato. «Ma è tutta mia!», disse tra sé il piccolo seme. Senza pensarci due volte, si rannicchiò ben bene e cominciò subito a lavorare con le sue radici.
Vicino c'era una panchina poco confortevole e scarabocchiata; su di essa si sedeva spesso un giovane dall'aria tormentata e dallo sguardo inquieto. Quando vide due foglioline dentate di un verde tenero che si aprivano la strada nel cemento, rise amaramente dicendo: «Non ce la farete; siete come me!», e con un piede le calpestò. Il giorno successivo, però, vide con stupore che le foglie si erano rialzate ed erano diventate quattro. Da quel momento non riuscì più a distogliere gli occhi dalla testarda e coraggiosa pianticella. Dopo qualche giorno spuntò il fiore dal colore giallo brillante, come un grido di felicità. Per la prima volta dopo tanto tempo quel giovane sentì che l'amarezza che gli pesava sul cuore cominciava a sciogliersi. Rialzò la testa e respirò a pieni polmoni; diede un forte pugno sullo schienale della panchina gridando: «Certo, ce la possiamo fare!».
Aveva voglia di piangere e ridere, mentre sfiorava con le dita la testolina gialla di quel fiore.
Le piante avvertono l'amore e la bontà degli esseri umani. Per il piccolo e coraggioso dente di leone, la carezza di quel giovane fu la cosa più bella della vita.
La speranza non è l'ultima a morire; è la prima a risorgere.
Grazie di cuore per l'ospitalità.
LA SPERANZA
20/05/2025 - Luigi Bertolini